L’Opale

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L’opale è una gemma straordinaria.

I minerali sono sempre stati una mia passione, fin da bambino quando mia nonna mi portava in un negozietto a Catania a comprarli.

Crescendo ho studiato geologia e poi gemmologia.

La spinta a seguire quella strada me l’ha data la gemma che più di tutti mi ha fatto girare la testa, l’Opale.

È una gemma straordinaria, di una bellezza per me irraggiungibile.

In una fiera avevo trovato un campione particolarmente bello e grande, ho chiesto di poterlo vedere e sono rimasto per almeno mezz’ora ad ammirarlo, rigirandomelo tra le mani, ipnotizzato.

Guardare un opale è come entrare in un mondo magico dove ogni angolo mostra una scintilla di colore.

Sembra un caleidoscopio che ogni volta che lo giri crea nuovi motivi mozzafiato.

L’opale è una gemma atipica, perché non ha una struttura cristallina vera e propria, essendo un minerale amorfo.

Si forma per lento deposito di un gel colloidale di silice a bassa temperatura che forma delle sfere.

Quando la disposizione delle sferette di silice (150-300 nm di diametro) è regolare, disposte in una forma impaccata simile ad un reticolo cristallino (struttura cubica o esagonale) si osserva il gioco di colore, che è dovuto agli effetti di interferenza e diffrazione della luce.

I MIEI OPALI PREFERITI

L’opale più famoso è certamente quello australiano, ma esistono campioni altrettanto belli di quello messicano e di quello etiope.

L’opale australiano si forma all’interno di rocce sedimentarie formando delle vene, mentre quello messicano ed etiope in rocce magmatiche.

Un tipo molto particolare è il contra-luz.

Normalmente il gioco di colore viene prodotto quando la gemma viene colpita da una luce incidente e viene riflessa verso l’osservatore.

In rari casi, invece, il gioco di colore si forma quando la luce passa attraverso, quindi quando la si osserva controluce.

In Australia, nella regione del Queensland, viene estratto un tipo molto particolare di opale perché viene lasciato all’interno della sua matrice e viene per questo chiamato Boulder o Matrix.

Le due miniere più famose sono Yowah e Koroit. Le gemme sono carattrizzate da una matrice ricca di ferro che le da un aspetto metallico e levigato una volta lucidata.

L’opale al suo interno ha un gioco di colore molto forte e particolarissimo per le trame che disegna all’interno della matrice.

Anche in Messico si può trovare qualcosa del genere, l’opale Cantera.

In questo caso la gemma è costituita da una matrice riolitica all’interno della quale si trova l’opale, spesso trasparentissimo, con le macchie di colore che sembrano galleggiare al suo interno.

FOTOGRAFARE UN OPALE NON È SEMPLICISSIMO

Se lavoriamo con una gemma molto trasparente l’ideale è utilizzare uno sfondo nero, questo permetterà di mettere in risalto il gioco di colore.

Dovremo ruotare in tutte le direzioni sia l’opale che la luce, in modo tale da trovare il punto migliore, sia rispetto all’obiettivo che alla luce.

La luce dovrà essere diretta e abbastanza dura, perché la luce diffusa nasconde il gioco di colori.

Molto importante è l’uso di un obiettivo macro per mettere in risulto tutti i dettagli di questa gemma straordinaria.

Vuoi saperne di più sull’opale? Sai che organizzo un seminario di gemmologia?

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I gioielli di Nini Bonetti, 30 anni di attività

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Fotografare i gioielli di Nini Bonetti è stata una sfida entusiasmante!

Lo Still Life è un genere fotografico molto cerebrale, quasi un puzzle.

Dobbiamo rendere al meglio un oggetto, studiare le luci, l’inquadratura, l’angolazione, lo sfondo, fare in modo che ci parli e ci dica come esaltarlo.

I gioielli sono difficili da valorizzare, perché sono molto tridimensionali, sono riflettenti e hanno delle pietre preziose ad ornarli.

Fotografarli mi entusiasma, perché mi permette di unire le mie due grandi passioni: fotografia e gemmologia.

INQUADRATURA

Quando ho visto per la prima volta i gioielli di Nini, mi sono subito domandato come posizionarli.

I suoi anelli sono incredibili, delle sculture ricche di particolari in ogni loro parte e immediatamente ho pensato di fotografarli sospesi.

Per appenderli ho utilizzato un filo di nylon e altri due per poterli orientare nella direzione che preferivo.

Come sfondo un fondale bianco col limbo.

“I grandi anelli, dalla perfetta portabilità (l’ergonomia studiata sui monili d’epoca e fatta propria), si presenta con multiple, inaspettate letture, il sopra a completare e a competere armoniosamente con il sotto. I suoi monili, infatti, sono sempre oggetti tridimensionali, pensati e realizzati a tutto tondo; ogni loro angolazione studiata; forma, dimensione, materiale a dialogare tra loro. Niente è lasciato al caso: la loro percezione d’insieme è un racconto che suscita così emozioni non solo alla vista, ma anche al tatto”.

LUCI

Una volta definita la posizione ho scelto lo schema delle luci.

Due flash posti all’incirca a 45° a sinistra e a destra. Quello a sinistra, il principale, posto in alto, così da formare l’ombra sul piano sotto l’oggetto. Quello di schiarita più o meno all’altezza del piano d’appoggio.

A questo punto non restava altro che usare dei pannelli bianchi e neri per togliere i riflessi non voluti e creare quelli che invece ci aiutano a dare tridimensionalità all’oggetto.

Set pronto!

Quando fotografiamo dei gioielli dobbiamo sempre ricordare che la luce diffusa va benissimo per i metalli, ma è pessima per esaltare le pietre preziose che, invece, preferiscono una luce più dura e diretta.

“Gioielli cosparsi – ma non solo questi – di brillanti che spesso il nostro protagonista, provocatoriamente, incastona all'”incontrario”, la radice della gemma a svettare: minuscole piramidi, il taglio classico rispettato ma capovolto, così che non riflettano la luce come nella gioielleria più convenzionale, ma splendano di una propria autonoma vita. […]

Sul palcoscenico delle sue creazioni anche smeraldi, zaffiri, rubini, acquemarine e cristalli: sceglie sempre pietre rare e inusuali, particolari per forme e caratura, e ci imbattiamo così anche in incredibili autentici residui di meteorite. […]

Già tra la metà la fine degli anni Ottanta Bonetti lavora a mano sottili lamine d’oro rosa, battendole, contorcendole, sbalzandole su uno strato di pece e cuoio: mai a scegliere fusioni o interventi a cera persa, la piegatura è un leitmotiv del suo lavoro, a stratificarsi sagome dalle cromatiche variazioni luminose”.

MACCHINA FOTOGRAFICA

Per i gioielli l’obiettivo ideale è un macro, possibilmente con una lunghezza focale di 100 mm o maggiore, per evitare che ci possano essere distorsioni prospettiche fastidiose.

Per quanto riguarda la profondità di campo è sempre preferibile che gran parte dell’oggetto sia a fuoco, ma lasciando che la parte posteriore sfochi, così da dare l’illusione della tridimensionalità.

Attenzione a non chiudere olte f/16 per evitare che la nitidezza possa diminuire a causa della diffrazione.

POST-PRODUZIONE

La post-produzione nelle fotografie di gioielli è particolarmente importante.

Per prima cosa bisogna eliminare lo sporco sul fondale. Per quanto ci possiamo impegnare a tenerlo pulito, qualche granello di polvere c’è sempre.

Poi bisogna pulire l’oro dai riflessi non voluti. In fase di scatto possiamo essere bravissimi, ma almeno il riflesso della macchina fotografica andrà tolto in questa fase.

Infine dovremo lavorare sulla luce. Dovremo trovare il settaggio migliore per l’oro, quello per le gemme e quello per il fondale e riuscire ad amalgamarli.

Fotografare i gioielli di Nini Bonetti è stato un lavoro lungo ma che mi ha dato grande soddisfazione!

 

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